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Shopping, addio agli acquisti di seconda mano: la Legge tronca ogni possibilità | Ti toccherà spendere il doppio

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Shopping online – pixabay – dovatu.it

Fare shopping oggi può costare caro, ma nonostante i prezzi, in molti non rinunciano a qualche capo nuovo nell’armadio.

Il second hand era diventata una soluzione economica per tutti ma, dopo l’introduzione della nuova Legge, sembra praticamente impossibile continuare a risparmiare.

L’industria della moda è sempre stata una delle più costose e uno dei settori che spinge di più al consumo ma purtroppo, è anche uno dei settori più inquinanti.

Per questo, il second-hand è diventato una soluzione per chi sceglie di comprare e vendere abiti usati, sia per risparmiare che per contribuire a ridurre l’impatto ambientale.

Oltre a essere ecologico, è economico, infatti un’opzione perfetta per chi vuole tenere il portafoglio sotto controllo senza rinunciare alla moda. Inoltre, grazie a piattaforme come Facebook Marketplace, Subito e Vinted, è possibile rivendere abiti e accessori che non non si usano più, recuperando così una parte dei soldi spesi.

Stop abiti usati, lo dice il Governo

Se prima si potevano comprare e vendere abiti usati con pochi click, ora le cose stanno cambiando. La nuova legge, la direttiva europea DAC-7, entrata in vigore il 1° gennaio 2023, impone alle piattaforme digitali di segnalare i dati degli utenti che fanno più di 30 transazioni all’anno o superano i 2.000 euro in vendite. In poche parole, chi vende spesso o per somme elevate, sarà segnalato al fisco.

Un esempio di come queste norme funzionino è spiegato da Vinted, una delle piattaforme più usate per la compravendita di abiti usati. Sul sito, la società avvisa che in mancanza della compilazione di un questionario richiesto, potrebbe trattenere i saldi delle vendite o addirittura bloccare l’account dell’utente fino a quando le informazioni non sono aggiornate, privando del tutto la possibilità di fare compravendita.

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Shopping su un eCommerce – pixabay – dovatu.it

Chi può continuare a vendere online?

La norma tenta di distinguere chi fa raramente acquisti da chi invece è riuscito a trasformare questo mercato in un lavoro. Per questo motivo, in molti si chiedono se sia obbligatorio dichiarare i guadagni dei vestiti venduti online. Non è necessario aprire Partita IVA per chi occasionalmente vende abiti e accessori per liberarsi dello spazio, a meno che non si tratti di un’attività organizzata e abituale.

In questo caso, servirebbe una Partita IVA e i guadagni andrebbero dichiarati come in un negozio. Per chi vende occasionalmente senza superare i 2.000 euro o 30 operazioni annuali, la legge permette ancora di fare spazio in armadio, ma per chi supera questi limiti, il fisco è pronto a registrare i guadagni e richiedere che vengano trattati come redditi tassabili.